Alla ricerca dei tempi letterari perduti

Quest’oggi la mia penna è ancora più impaziente di evadere dalla noiosa quotidianità della periferia romana: eccola la biro ribelle, assetata di conoscenza e di nuovi contesti da visitare, che si accomoda sul tappeto magico dei pensieri e comincia a sorvolare le Alpi. La piccola ha deciso di fare una prima tappa a Monaco di Baviera: la seguo dopo aver fatto un giro alla Neue Pinakothek, mentre osserva le vetrine scintillanti dei negozi alla moda in Neuhauserstrasse, fino a raggiungere Marienplatz, dominata dall’edificio del municipio. Mi fermo un attimo a riflettere in questa piazza vivace e cosmopolita e mi rendo conto di non aver incontrato, lungo tutto il mio percorso, nessuna libreria nel senso più tradizionale del termine; in effetti, come in Italia, anche in Germania la classica libreria specializzata non è più il canale preferenziale per la commercializzazione dei libri: essa possiede una quota di mercato che ormai si aggira intorno al 50% e sta subendo delle modifiche strutturali significative, legate all’incerta disponibilità di capitale e ai problemi legati alla continuità dell’azienda. Attualmente stanno prendendo piede altri canali di vendita, come le forme di commercio specializzato, che aggiungono diversi libri al loro assortimento di base, dando vita a librerie specializzate in zoologia, sport e giocattoli, come anche i negozi di computer con i loro assortimenti di guide e libri tecnici. Inoltre, non sono assolutamente da sottovalutare i reparti dei grandi magazzini, all’interno dei quali i libri si trovano a stretto contatto con un costante viavai di potenziali acquirenti; tuttavia, questi ultimi sono di solito interessati al ristretto e deplorevole segmento della produzione popolare, dallo scarso, se non assente, valore formativo e intellettuale: ciò, d’altronde, riflette l’attuale e più generale contesto del mercato librario, in cui prevalgono sempre più gli “antivalori” del profitto, della ricerca del bestseller a tutti i costi, anche a scapito del bello scrivere e di un contenuto impegnativo, decretando la schiacciante vittoria della letteratura d’intrattenimento, la U-Literatur, sulla letteratura seria, la E-Literatur. Stando alla discesa libera del valore gnoseologico del prodotto libro, il quale, in molti casi, non è poi così dissimile dall’anonima superofferta propinata da un discount, la scrittrice Dorothea Dieckmann ha addirittura proposto di ritornare ad utilizzare il termine Trivialliteratur, per distinguere l’odierna “spazzatura” editoriale dalla vera opera d’arte, nella speranza che quest’ultima non venga assorbita in un’unica informe miscellanea pseudo-culturale. Eppure, a prima vista, il mondo culturale tedesco sembrerebbe molto più vivace e genuino di quello italico, grazie all’alto numero di orchestre sinfoniche, teatri stabili e case della letteratura. Tuttavia, il mercato editoriale in Germania, con le sue oltre 100.000 novità librarie l’anno, risulta concentrato nelle mani di pochi grandi gruppi, interessati esclusivamente a massimizzare i profitti nel più breve tempo possibile, ben lontani dalla promozione dello scrittore originale e di qualità, anche se con ricavi contenuti; il business dell’editoria è sotto l’egida delle grandi catene di distribuzione: il 60% dei libri è venduto nei megashop di Tahlia e Hugendubel. Anche i premi che sono stati recentemente istituiti dalla Fiera del libro di Lipsia, il Deutscher Buchpreis e il Buchmessenpreis si rivelano tutt’altro che un esperimento culturale: essi, infatti, non sono nient’altro che delle concentrazioni di monopoli editoriali, dove soltanto i grandi gruppi hanno la possibilità di dettare legge sulla vendibilità ed appetibilità di un testo; il prodotto-libro si è tramutato in un testo frivolo, leggero, dalla sconcertante semplicità linguistica, plasmata dalle tempistiche sempre più ristrette del mercato. La ricerca, spasmodica e frettolosa, di uno slogan, di un brand d’impatto, seppur fugace, sta inesorabilmente degradando la letteratura, che dovrebbe essere, di per sé, impegnata e riflessiva nella forma e nel contenuto, in una squallida passerella per la Debuetantenwelle, l’ondata delle debuttanti, giovanissime scrittrici “usa e getta”, che spesso si impongono sulla scena per una sola pubblicazione grazie ai loro testi dall’accattivante sensualità impudica, donando un altro umiliante schiaffo alla sacra idea di arte… Ora basta. Basta continuare ad avvilirsi su queste tetre riflessioni: da Marienplatz me ne torno indietro, risalgo la strada fino a Karlsplatz; ho fame e decido di fermarmi in un ristorante vegano nei pressi di Schillerstrasse. Mentre mi gusto un burger di ceci, comincio a sfogliare i “Buddenbrook” di Thomas Mann, fresco d’acquisto in libreria: a quanto pare, il concetto di decadenza, sia essa di una famiglia o di un’idea, continua a perseguitarmi; ma, almeno nella sfera della mia individualità, posso riprendermi i giusti tempi, quei cogitanti tempi letterari di cui tanto difetta la contemporaneità.

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