I libri che non si leggono: arte editoriale tra libro-oggetto e silenzio tipografico

miao

Oltre la parola: il libro come idea

Non tutti i libri nascono per essere letti. Esiste un’intera tradizione di opere editoriali che mettono da parte il testo, o lo riducono al minimo, per trasformare il libro in un’idea, un’azione, un oggetto concettuale. In questa prospettiva, leggere non significa più decifrare parole, ma interagire con forme, materiali e silenzi. Il libro diventa un gesto artistico, un contenitore simbolico più che narrativo.

Libri-oggetto: materia e significato

I libri-oggetto sono opere in cui il formato, i materiali, l’impaginazione o l’assenza di testo veicolano il messaggio. Un esempio celebre è “S/Z” di Roland Barthes, che già nel titolo sfida la convenzione tipografica, ma il concetto si spinge oltre in opere come “Burning Book” di Marshall Weber, un libro che può letteralmente essere bruciato. In Italia, l’artista Mirella Bentivoglio ha lavorato su libri-scatola e libri-scultura, dove la parola è presenza visiva più che semantica.

Il silenzio come linguaggio

Alcuni libri rifiutano il testo per raccontare attraverso l’assenza. “Le Livre” di Dieter Roth, per esempio, è un libro composto da materiali deperibili che cambiano nel tempo, portando il lettore a confrontarsi con la dissoluzione. Altri, come “No Book” di John M. Bennett, sono volutamente vuoti o pieni di segni illeggibili. In queste opere, il “non leggere” diventa atto estetico: il bianco, il vuoto, il silenzio grafico comunicano più di mille parole.

Libri da attivare: gesto e partecipazione

I libri-azione o “libri performativi” richiedono l’intervento diretto del lettore: si piegano, si aprono a fisarmonica, si smontano. “Please Come Back” di Agnieszka Kurant, per esempio, cambia colore con il calore delle mani. Sono opere che ribaltano il concetto di fruizione passiva e trasformano il lettore in spettatore-attore. Anche “Fluxus Edition” di George Maciunas proponeva libretti che erano più strumenti da usare che storie da leggere.

Tra arte e editoria: un confine poroso

Questi libri spiazzano perché si pongono tra editoria, scultura, installazione e performance. Non a caso sono spesso presenti nei musei d’arte contemporanea più che nelle librerie. Ma il loro messaggio è potente: ci ricordano che leggere può essere un atto visivo, tattile, mentale, e che il libro è un medium da reinventare. In un mondo sovraccarico di parole, i libri che “non si leggono” parlano in silenzio.

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