Massimo Vignelli: contro il culto dell’effimero

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Nei nostri precedenti articoli abbiamo concentrato l’attenzione in modo particolare su grafici e grafiche che hanno saputo rinnovare il settore e apportare, attraverso le loro idee e i loro progetti, dei cambiamenti anche a livello artistico e sociale. Restando in tema di opere e progetti grafici che hanno avuto una rilevanza sociale e un grande impatto in ambito artistico non si può non fare riferimento a Massimo Vignelli. Appassionato designer, Vignelli diede avvio alla sua carriera come grafico, convogliando poi i suoi studi e le sue capacità nella realizzazione di loghi, oggetti di arredamento, linee di vestiti, segnaletiche e mappe, dedicandosi anche al design di interni.

L’etica del design di Massimo Vignelli

Perché le progettazioni di Massimo Vignelli possono essere considerate rilavanti da un punto di vista sociale?

Alla base dei progetti di Vignelli si può riscontrare una profonda attenzione nei confronti della funzionalità, derivante da un’etica del lavoro e del progetto che non lo abbandonò mai. Un esempio tangibile di questa cura nella progettazione si può riscontrare nel design della sedia Handkerchief (che si poteva trovare praticamente in tutti i luoghi pubblici) che, nella sua semplicità, risulta elegante e indistruttibile, nonché lavabile e facilmente impilabile. Anche la progettazione di una serie di piatti in grado di nascondere gli avanzi tra una portata e l’altra, grazie ai loro alti bordi, può essere considerata un esempio di rispetto della funzionalità e dell’utilità, a prescindere da qualsiasi velleità modaiola. Anche nell’ambito di progetti molto grandi e di forte impatto, come la mappa e la segnaletica della Metropolitana di New York, il riguardo nei confronti dei fruitori – attraverso l’attribuzione di un colore diverso per ogni linea, in modo da facilitare la lettura e rendere chiari i percorsi – si univa a innovazione e arditezza, tanto che il progetto, anche se sostituito molto presto, entrò a far parte della collezione del MoMa.

Il motto di Massimo Vignelli: «Design is One»

Per definire il suo concetto di design, Massimo Vignelli utilizzava un motto molto sintetico ma efficace: «Design is One». Andava così a sottolineare quanto, nonostante la possibilità di realizzare svariati progetti, l’approccio al design dovesse essere uno solo in grado di essere poi utilizzato in modo sensato nei diversi rami del settore. L’idea principale che sta alla base della sua concezione del design è la realizzazione di progetti che siano senza tempo, capaci di durare potenzialmente all’infinito. La trasposizione di questo concetto in realtà è il suo logo dell’American Airlines la cui sostituzione, dopo quarant’anni, ha suscitato moltissime critiche: testimonianza della capacità di questo luogo di mantenere il suo valore e la sua qualità nel tempo. Anche la progettazione del nuovo logo della Lancia risente di una duplice attenzione: ammodernamento e costanza nel tempo. Infatti, lungi dal cambiare completamente le fattezze del logo precedente, Vignelli opera sul nuovo progetto precisi cambiamenti capaci di provocare uno svecchiamento che non andasse a snaturare però l’identità del brand.

La passione per il design

Quella di Vignelli per il design fu una vera e propria passione che condivise con sua moglie Lella, con la quale aprì uno studio e che considerò sempre la sua collaboratrice più fidata. La richiesta del suo lavoro per importanti marchi come Gillette, Ford, Xerox e IBM testimonia il grande prestigio che riuscì a conquistarsi; divenne, infatti, un vero e proprio maestro del settore. In quello che è divenuto una sorta di manifesto del suo lavoro si può leggere:

«Disprezziamo la cultura dellʼobsolescenza, la cultura dello spreco e il culto dellʼeffimero. Detestiamo la richiesta di soluzioni temporanee, lo spreco di energie e capitale al solo fine della novità. Siamo per un design che duri, che risponda ai bisogni e ai desideri delle persone».

Queste parole dimostrano il disprezzo per un design non pensato, non ragionato fedele solo alle esigenze del mercato e della moda del momento, in favore di progetti che, a mo’ di opere d’arte, abbiano un valore imperituro. Aveva timore della diffusione di opere di scarso valore, prodotte da designer senza preparazione, considerandole alla stregua di agenti inquinanti in grado di avvelenare visivamente. Insomma, ciò che rimane di Vignelli, oltre alle sue ammirevoli opere, è il profondo rispetto per la sua professione che ha prodotto risultati utili e duraturi per la società.

 

Flavia Palieri

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